Durante il convegno Tecnologia solidale tenutosi ieri mattina a Roma, si è parlato a lungo di impresa sociale e della necessità di incentivare tale tipo di iniziativa.
Mi ha colpito molto l’intervento del professor Stefano Epifani che ha consigliato alle realtà presenti all’incontro di fare impresa, punto. Di omettere il termine “sociale” dalla propria presentazione, soprattutto nelle interazioni con gli investitori che al solo sentire nominare il “sociale” scappano a gambe levate.
Si, purtroppo le cose oggi stanno così. Non è bello sentirlo ma non possiamo ignorare la realtà.
Quindi? Beh, forse sarebbe duopo adeguarsi ai tempi: per fare impresa bisogna agire e ragionare al pari di una azienda “profit” per crescere, attirare capitali dal mercato e sognare di competere nel mondo.
Credo però che le parole sono sì importanti ma ancora più importante è l’intento che spinge l’imprenditore/changemaker nel fare impresa.
Se l’impresa nasce con l’idea di migliorare la vita delle persone, avrà un impatto sociale. Punto. A prescindere dal nome e dalla specifica forma giuridica con la quale ci si è costituiti.
I grandi imprenditori che hanno cambiato il mondo e le nostre vite, sono stati guidati da intuizioni geniali finalizzate al miglioramento della vita all’utilizzatore finale – o ad una aspetto specifico della sua vita – ed hanno avuto un impatto stra-ordinario sul mondo.
Penso a Bill Gates (Microsoft), Zukerberg (Facebook), Page (Google), Elon Musk (varie) e molti altri.
Con il tempo saranno i consumatori a scegliere qualcosa di diverso, a chiedere qualcosa di diverso, ad ottenere qualcosa di diverso.
Il mercato si adatterà, ed in parte già lo sta facendo.
La finalità sociale può essere o meno inserita nell’atto costitutivo, ma sono convinto che nei fatti sarà la prossima naturale evoluzione del mondo del business.
Scommettiamo?
p.s. per ora finisco qui, sono solo appunti al volo scritti sul treno Roma/Torino 🙂